Caponannone sequestrato
Caponannone sequestrato
Cronaca

Sequestrati quote ed immobili ad un pastificio altamurano

Undici persone denunciate per associazione a delinquere. L'accusa è di truffa aggravata allo Stato e riciclaggio

Un opificio industriale (nella fotografia), un terreno, macchinari e quote di una società (Srl) operante nel settore della produzione di pasta fresca sono stati sequestrati stamane ad Altamura. Si tratta di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca equivalente delle quote e degli immobili in questione. Denunciate undici persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio, dichiarazione fraudolenta di fatture false, omessa dichiarazione ed emissione sempre di fatture false. L'azienda è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria. A condurre l'operazione, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza su provvedimento emesso dal Gip del Tribunale di Bari e su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo.

L'inchiesta venne avviata nel 2003, dopo la segnalazione di una banca che evidenziava spostamenti sospetti di ingenti somme di denaro . Il pastificio – che produceva prodotti biologici – emetteva assegni bancari privi della clausola "non trasferibile" a persone di comodo, ma a volte anche inesistenti. Queste si presentavano alla banca insieme ad uno dei soci della società, che incassava l'assegno sul proprio conto corrente.

Le indagini così avviate hanno permesso di accertare che la società altamurana era stata destinataria di un contributo in conto impianti concesso dal Ministero delle Attività produttive (più conosciuto nel sistema imprenditoriale come Finanziamenti provenienti dalla legge 488 del 1992) per oltre un milione e 200mila euro (1.224.963 per la precisione). Ed è intorno alle tre tranches del contributo - cofinanziato per il 50% dallo Stato italiano e per il 50% dalla Comunità Europea – che i soci, i rappresentanti legali e i fornitori della stessa società hanno congeniato la truffa. Buona parte del milione di euro e oltre che doveva servire alla realizzazione di un nuovo impianto industriale e all'acquisto di macchinari e di impianti per la produzione e il confezionamento di pasta alimentare fresca di tipo biologico è finita nelle tasche dei truffatori .

I responsabili dell'azienda avevano presentato una domanda di ammissione al contributo per spese ammissibili in "via provvisoria" per oltre tre milioni di euro (3.301.192,50). L'erogazione dello stesso imponeva il versamento da parte dei soci (attualmente solo due coniugi, negli anni passati il marito della coppia e altre due persone, indagate in questa inchiesta) di quote di capitale per oltre due milioni e 200mila euro (2.211.468,44). Una somma mai realmente versata, ma di fatto documentata con versamenti bancari fittizi. L'amministratore e i soci provvedevano ad effettuare versamenti fittizi sui conti della società a titolo di "finanziamento in conto soci". Fittizie erano le spese che la società dichiarava di aver sostenuto per accedere alle tre tranches di 400mila euro l'una.

Secondo la Guardia di Finanza la truffa era stata così ben studiata da richiedere per gli accertamenti l'impiego di specialisti del Nucleo di Polizia Tributaria. Un vero e proprio modus operandi basato su movimenti bancari. Il fornitore complice (un venditore di macchinari per la produzione della pasta vicentino già condannato per un'altra truffa basata su fatture false) chiedeva alla società l'emissione di assegni circolari senza la clausola "non trasferibile". Questi venivano intestati a persone estranee o inesistenti che si presentavano in banca. Qui ad avere il conto corrente erano i soci della Srl. Gli assegni venivano, perciò, versati sui conti personali dei vertici dell'azienda.

In altre occasioni, il fornitore richiedeva l'emissione di assegni circolari per ingenti importi, sempre intestati a persone compiacenti (a volte si trattava di parenti dei soci) che, dopo averli accreditati sui propri conti correnti, giravano sistematicamente tali somme sui conti correnti personali dei tre soci.

Il fornitore agiva anche secondo una terza modalità. Prelevava le somme in contanti e le consegnava direttamente ai tre soci. Questi, per non ingenerare sospetti nelle banche in cui le operazioni avvenivano, accreditavano sui propri conti correnti solo parte del denaro. A quel punto il resto della somma, in contanti, veniva portata da altre persone, spesso parenti, in altre banche, dove si richiedevano assegni circolari poi versati sui conti correnti dei soci.

L'indagine ha evidenziato che i "pagamenti simulatori" effettuati dalla società nei confronti dei propri fornitori sono stati per oltre due milioni e mezzo di lire (2.560.000). Gli "apporti fittizi" di capitale effettuati dai tre soci sono ammontati per oltre un milione e 600mila euro (1.650.000). L'indebita erogazione dei contributi pubblici ha superato il milione e 200mila euro.

Ai due rappresentanti pro tempore della Srl è stata contestata la violazione della normativa che disciplina la responsabilità amministrativa degli Enti (Dlgs 231 del 2001) per il vantaggio conseguito in relazione alla truffa aggravata. Sono state, inoltre, contestate violazione amministrative nei confronti di due istituti di credito con sede in Altamura per non aver segnalato – così come imposto – operazioni sospette per oltre due milioni e 200mila euro. Anche l'Agenzia delle Entrate aveva accertato e contestato alla società dinnanzi alla Commissione Tributaria l'emissione di false fatturazioni.


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