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Criminalità, duplice operazione stamane ad Altamura e Gravina

Provvedimenti restrittivi per cinque persone, due appartengono al clan Dambrosio. Sequestro di beni per un totale di cinque milioni di euro

Una duplice operazione è stata condotta questa mattina ad Altamura e a Gravina in Puglia dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Bari, in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Bari, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica.

Si tratta di due filoni differenti e non collegati fra loro.

Una riguarda l'arresto di due persone ritenute responsabili di un'estorsione, aggravata dall'appartenenza al clan mafioso "Dambrosio", ai danni di un imprenditore locale, indotto, dietro minacce di morte, al pagamento di una somma di denaro pari a 150 mila euro, nei cui confronti si è proceduto altresì al sequestro di beni mobili e immobili. L'altra, invece, relativa all'arresto di tre persone ritenute responsabili di aver promosso, costituito, organizzato o partecipato ad un'associazione per delinquere finalizzata ad un numero indeterminato di reati di sfruttamento e favoreggiamento, in forme diverse, della prostituzione, nonché al sequestro preventivo di immobili messi a disposizione per lo svolgimento dell'attività di meretricio.

In particolare, dovranno difendersi dall'accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, il 39enne Mario Dambrosio, fratello del più noto Bartolo, e il 43enne Giuseppe Antonio Colonna, entrambi di Altamura, destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere. I fatti risalgono ad una sera di luglio del 2005, allorquando un imprenditore locale, mentre faceva rientro a casa a bordo della sua motocicletta, venne raggiunto da due individui travisati e armati di pistola, che lo costrinsero a salire a bordo di una Fiat Uno, condotta da un complice, per poi allontanarsi verso la periferia della città. Nella circostanza i malviventi, sotto la minaccia di una pistola puntata alla tempia, riuscirono a strappargli la promessa di un compenso da 200mila euro in cambio della sua vita, dettandogli le istruzioni per la consegna del denaro. Prima di lasciarlo andare, inoltre, s'impossessarono del suo telefonino, che fu poi gettato in aperta campagna.

Dopo l'accaduto - secondo gli inquirenti - l'imprenditore, impaurito, piuttosto che denunciare i fatti, ritenne opportuno rivolgersi ad un noto malavitoso della città, ovvero a Bartolomeo Dambrosio (ucciso in un agguato mafioso il 6 settembre 2010), tramite un proprio conoscente, nella speranza di ottenere un aiuto. Alcuni giorni più tardi, l'imprenditore ebbe un incontro con il Dambrosio e con uno stretto collaboratore di quest'ultimo, il Colonna, i quali, sebbene avessero riferito di conoscere gli esecutori del raid, non poterono - a loro dire - far altro che ridimensionare le pretese dei sequestratori, scendendo da 200 mila euro a 100 mila, da consegnare immediatamente. Ciononostante, la vittima riuscì a dilazionare il pagamento, versando comunque complessivamente 150mila euro, tra "riscatto" e "regali" ai due intermediari, in seguito divenuti tre, in quanto Bartolomeo Dambrosio, nel successivo mese di ottobre, venne raggiunto da un ordine di carcerazione e per questo "sostituito" da suo fratello minore Mario, delegato a riscuotere le "rate" del riscatto, unitamente al Colonna.

Nell'ambito dell'attività investigativa in svolgimento da parte dei militari dell'Arma si aveva modo di appurare che ad ideare il sequestro altro non erano stati che lo stesso boss "intermediario", Bartolomeo Dambrosio con i suoi sodali, suo fratello Mario, Giuseppe Colonna e Biagio Genco (scomparso dal novembre del 2006), venuti nel frattempo a conoscenza dell'elevato tenore di vita dell'imprenditore e quindi ritenuta dai medesimi una ghiotta occasione per ricavare facili e sicuri guadagni.

Sono stati sequestrati beni riconducibili al Dambrosio per un valore di 1.300.000 euro circa: ­due appezzamenti di terreno siti nella contrada Visceglie di Altamura per complessivi 78 are, tre unità immobiliari site nel Comune di Altamura, un'autovettura Audi A6 di grossa cilindrata, quote societarie di una ditta sempre di Altamura.

I beni sequestrati riconducibili al Colonna, per un valore di quasi 700.000 euro, sono­ due unità immobiliari poste nel Comune di Altamura, quote societarie, un'autovettura Smart Forfour.

Dovranno invece difendersi dalle accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al reclutamento, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, il 52enne Sante Calia, il 36enne Vincenzo Crapuzzi e il 51enne Nicola Paternoster, di Altamura, destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Le indagini, sotto lo stretto coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, hanno permesso di accertare l'esistenza di una vera e propria organizzazione dedita al reclutamento di cittadine straniere, principalmente di origini dominicana, da avviare alla prostituzione e che vede coinvolto il 52enne quale promotore e dirigente dell'organizzazione, favorita da strutture logistiche permanenti della zona messe a disposizione dal 51enne e da altri indagati.

Lo stesso Calia, inoltre, a conferma della sua posizione predominante e fondamentale nell'associazione, reperiva personalmente gli appartamenti da adibire a domicilio delle prostitute, provvedendo alla loro gestione quotidiana; istruiva le ragazze su come ricevere i clienti, sui compensi da esigere a seconda delle prestazioni sessuali effettuate; forniva loro confezioni di profilattici, pubblicizzava e riceveva a mezzo telefonico le chiamate dei potenziali clienti (ben 91 gli incontri documentati), provvedeva ad effettuare le ricariche dei loro telefoni cellulari, sino a soddisfare alle comuni esigenze di vita delle medesime. Il tutto percependo per ogni singola prestazione sessuale una parte dei guadagni realizzati e avvalendosi spesso della collaborazione del 36enne e di altri indagati, incaricati di accompagnare le ragazze sui luoghi di prostituzione e di riaccompagnarle a casa a convegni ultimati, nonché di metterle in contatto con potenziali clienti, ricevendo in cambio anche "sconti" sulle prestazioni sessuali in loro favore.

Fra gli indagati figurano anche ulteriori intermediari e procacciatori di clienti, coloro che organizzavano spettacoli erotici in locali pubblici e persino colui che si occupava del cambio della biancheria e della manutenzione dell'immobile utilizzato dalle meretrici. Il provvedimento in questione ha riguardato anche il sequestro preventivo di tre strutture ricettive, in quanto i loro titolari, al fine di agevolare l'organizzazione, mettevano camere da letto a disposizione delle prostitute, tralasciando l'identificazione e la registrazione dei nominativi dei clienti utilizzatori delle stanze, in cambio di un compenso per ogni prestazione organizzata.

I sequestri hanno un valore complessivo di 3.000.000 di euro e riguardano vari immobili.

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