Impianto fotovoltaico
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Territorio

Ente Parco, no definitivo al fotovoltaico industriale

Esce vincitore dal lungo confronto giudiziario-amministrativo. Autorizzazioni di Provincia e Comune sufficienti per i giudici del Consiglio di Stato

Il Parco Nazionale dell'Alta Murgia esce vincitore dal lungo confronto giudiziario-amministrativo sugli impianti industriali di produzione energetica da fonti rinnovabili. Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 1947/2011 depositata il 30 marzo scorso, ha dato ragione all'Ente Parco che aveva negato l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto fotovoltaico con inseguitori da poco meno di 1MW di potenza in territorio di Altamura. Il progetto aveva superato la valutazione d'incidenza da parte della Provincia di Bari e il Comune di Altamura aveva rilasciato l'autorizzazione paesaggistica: nessuno dei due provvedimenti, però, è stato ritenuto sufficiente dai giudici del Consiglio di Stato a garantire che quell'impianto non avrebbe arrecato danni al Sito Natura 2000 (SIC e ZPS) "Murgia Alta" ed al patrimonio ambientale e paesaggistico del Parco Nazionale sull'Alta Murgia.

La richiesta di autorizzazione, cui è seguito il diniego dell'Ente Parco, è precedente all'entrata in vigore delle linee guida nazionali e regionali sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Tuttavia i giudici del Consiglio di Stato, cosi come prima di loro quelli del TAR Puglia-Sez. Bari, hanno ritenuto che la legislazione nazionale sulle aree naturali protette (legge n. 394/1991 e D.P.R. 10 marzo 2004 di istituzione del Parco Nazionale dell'Alta Murgia) potesse fare autonomamente da scudo a richieste che avessero natura contrastante con la necessità di tutela degli ecosistemi e del paesaggio.

Il Consiglio di Stato ha rigettato l'idea che per la richiesta di parere all'Ente Parco il proponente dell'intervento potesse incassare il via libera attraverso lo strumento del silenzio-assenso (una volta decorsi i 60 giorni nei quali, per legge, una risposta, positiva o negativa, sarebbe dovuta arrivare). Per poter richiedere l'autorizzazione, infatti, l'azienda avrebbe dovuto corredare l'istanza all'Ente Parco di tutte, e non solo di alcune, le autorizzazioni necessarie. Nel caso del progetto in questione, sottoposto alla D.I.A., non si era ancora conclusa la procedura di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.

Nel merito del successivo diniego all'autorizzazione da parte dell'Ente Parco, i giudici richiamano la citata normativa di riferimento che dispone il divieto: «(…) su tutto il territorio del Parco Nazionale dell'Alta Murgia delle seguenti attività: (…) realizzazione di impianti e di opere tecnologiche che alterano la morfologia del suolo e del paesaggio e gli equilibri ecologici». In che maniera l'impianto proposto avrebbe potuto alterare tali equilibri? Il Consiglio di Stato lo spiega (così come aveva già fatto il TAR Puglia) utilizzando ampi stralci dello stesso provvedimento con il quale l'Ente Parco ha negato l'autorizzazione e in particolare: «Gli impianti a inseguitori sono composti da elementi che possono raggiungere anche i dieci metri di altezza complessiva, per un numero di diverse decine di macchine», e ancora: «i riflessi prodotti dagli specchi potrebbero falsare sia la percezione paesaggistica, sia determinare situazioni di pericolo stradale, sia infine l'incidenza sulla flora e sulla fauna. Né è sufficiente a convincere dell'irragionevolezza della riportata motivazione il riferimento ivi contenuto alla "riflessione della luce prodotta dagli specchi antiriflesso"; è sufficiente osservare, al riguardo, che il trattamento antiriflesso, da un lato, non può considerarsi idoneo ad eliminare del tutto la riflessione, dall'altro, non esclude che le superficie specchiate simulino "raccolte d'acqua inesistenti", con conseguente disorientamento della fauna avicola».

In ultima analisi, il fatto che la valutazione d'incidenza da parte dell'Autorità competente (in questo caso la Provincia di Bari) si fosse conclusa con esito positivo, non preclude all'Ente Parco di esprimere autonomamente il proprio diniego. I due Enti, infatti, tutelano beni non coincidenti tra loro, «fauna e habitat naturali - dicono i giudici - per i Siti d'Importanza Comunitaria Sic e Zps (Zone di Protezione Speciale); il paesaggio e il complesso equilibrio dell'ecosistema e delle risorse naturali e produttive per il Parco».
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