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"Aumento del prezzo delle semole, il nostro grano duro non c'entra"

Senatore De Bonis presenta un'interrogazione al ministro Bellanova

Sul problema delle farine e delle semole, con i prezzi in rialzo, è stata presentata un'interrogazione al ministro all'agricoltura Teresa Bellanova per evidenziare che non c'entra il prezzo del grano duro italiano su quanto sta accadendo per la materia prima trasformata che sta diventando pure molto difficile da trovare sugli scaffali dei supermercati. L'iniziativa è del senatore materano Saverio De Bonis (gruppo misto, componente della commissione agricoltura) e della senatrice Sandra Lonardo, eletta in Campania.

"Se è vero che l'apparenza inganna - affermano - nel caso del grano e delle semole l'inganno è gigantesco. In un momento in cui a causa dell'emergenza vi è un'impennata nelle vendite di farina, si diffonde la notizia per cui l'esaurimento delle scorte sarebbe dovuto a un rialzo dei prezzi del grano. Nulla di più falso. Basta osservare la piazza di Foggia e Altamura per verificare che il prezzo del grano duro non ha subito alcuna variazione, rimanendo a 30 euro al quintale".

Eppure, come riportano i senatori, "nell'ultima settimana i contratti esteri di grano con consegna a maggio hanno registrato un ulteriore aumento del 5,92 per cento, mentre la semola ha subito già un aumento del 10 per cento. I fornai di Altamura, che fino a poco tempo fa la pagavano 40 euro a quintale, la stanno adesso pagando 44 euro, con rincari settimanali;

I due parlamentari ricordano che "il grano italiano da anni è soggetto a ribassi a causa dell'invasione di grani stranieri di qualità inferiore, eppure, la produzione di grano rimane la più diffusa in Italia e in Europa e avrebbe i numeri per coprire totalmente il fabbisogno nazionale, se si mettessero in campo serie strategie politiche in questo senso".

A parere di De Bonis e Lonardo, "il forte incremento dei prezzi delle semole - sottolineano - non trova quindi nessuna giustificazione, visto l'aumento della produzione molitoria di circa l'80%. L'unica spiegazione plausibile è che vi sia una grave speculazione in atto, a danno dei produttori di grano e dei consumatori". Per questo viene rivolta un'interrogazione a Bellanova affinché "faccia chiarezza su queste attività speculative e valuti la possibilità di coinvolgere l'Autorità garante della concorrenza e del mercato".
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