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Editoriale

Conoscersi senza filtri

Abbattere la diffidenza per scoprire e scoprirsi nuovi esseri

La prima cosa che si vede guardandomi è che sono disabile ma in realtà c'è molto altro. Ciò che non si conosce o non si comprende fa paura, è una frase giusta ma è anche un limite, un limite che non permette di farsi conoscere. Quasi sempre un disabile vive unicamente in un ambito famigliare senza potersi mettere in discussione. Penso che tutto questo potrebbe essere attribuito alla mancanza di inserimento nella società e per poterne fare parte il primo obbiettivo è il lavoro. Grazie ad esso oltre a sentirsi realizzati si avrebbe la concreta possibilità di essere più indipendenti e l'opportunità per le persone che ci circondano di conoscerci senza filtri, giorno per giorno, capire con semplicità le nostre difficoltà. Forse ci sarebbero meno barriere architettoniche e meno etichette, conoscerebbero delle persone con una personalità, con degli obbiettivi e con dei sogni. E' anche vero che vivendo in un paese di provincia non abbiamo a disposizione molte opportunità lavorative e chi può offrire un lavoro non lo mette a disposizione di un disabile.

La mia non è un'opinione ma è consapevolezza dopo aver avuto la possibilità di gestire un'attività commerciale tutta mia. Anni in cui i miei alleati sono stati i bambini, perché capivano i miei limiti fisici senza che io dicessi niente e mi venivano incontro. Al contrario, con gli adulti c'è voluto più tempo per farmi conoscere e abbattere quella diffidenza iniziale. Alla fine sono riuscita ad essere parte integrante della società e del quartiere e ancora oggi che non ho più l'attività, con molti di loro ho ottimi rapporti. La disabilità non è un limite ma è diversità. Una diversità che deve diventare opportunità per arricchirsi, per abbattere il muro della diffidenza e venirsi incontro. Anche noi sbagliamo, quando capita in certe situazioni, di pretendere con arroganza i nostri diritti non capendo che in questo modo creiamo un muro.

E' una lotta ad armi pari dove la diffidenza, la cattiveria e l'ignoranza dettano la strategia. Ma quanto può durare ancora questo stillicidio? Forse dovremmo fare tutti un passo indietro: assaporare la diversità, integrare gli stili di vita, godere delle gioie di ciascuno. Spesso mi è capitato che qualcuno si stupisse della mia allegria e serenità. La disabilità non è piangersi addosso subendo la malattia ma è imparare ad affrontare le difficoltà, non arrendersi e cogliere tutto il bello che c'è.

di Maddalena Nuzzi
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