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Territorio

Intese Natuzzi, "L'azienda ci guadagna tanto e i dipendenti ci perdono"

Le considerazioni di Felice Dileo

"Se Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil avessero chiesto a impiegati ed operai un mandato a firmare le intese del 10 ottobre scorso con la Natuzzi, spiegando loro l'effettivo contenuto degli accordi, ovvero un compromesso subito in cui l'azienda ci guadagna tanto e i suoi dipendenti ci perdono molto, probabilmente sarebbero andati incontro a parecchie resistenze, ma avrebbero mantenuto un rapporto di fiducia e trasparenza con i lavoratori". Sono le prime righe di un comunicato stampa a firma di Felice Dileo ("Il sindacato è un'altra cosa", documento alternativo per il XVII Congresso Cgil) in riferimento alle ultime intese Natuzzi.

Bisogna fare chiarezza: "Cominciando col dire che dirigenti e delegati sindacali hanno inspiegabilmente premuto affinché si sospendessero gli scioperi partiti quasi spontaneamente a fine giugno, a seguito dell'annuncio da parte della Natuzzi dei 1726 licenziamenti, dunque è davvero mistificatorio scaricare sui lavoratori responsabilità che non hanno, da parte di chi ha voluto far cessare la lotta proprio mentre si dimostrava coesa e determinata e dal versante aziendale non giungeva nessun segnale di desistenza".

E nello specifico: "Se la Natuzzi avesse portato a fine le procedure di mobilità avrebbe pagato un prezzo non irrilevante sul versante contributivo, la somma a carico datoriale, senza accordo sindacale, sarebbe ammontata a 6 mensilità per addetto, con la Cigs se la cava con un misero 4,5% di addizionale rispetto all'integrazione salariale corrisposta. Inoltre, nel primo caso l'azienda avrebbe dovuto rispettare i criteri imposti dalla legge per la selezione del personale da collocare in mobilità, mentre, in virtù delle clausole inserite nel verbale ha pressoché mano libera di scegliersi il personale ad essa gradito. Su quest'ultimo punto è opportuno aggiungere che chi, viceversa, ritiene che sia la Natuzzi a non rispettare gli accordi sottoscritti deve rivolgersi subito alla magistratura, altrimenti fa solo un inutile sproloquio".

"Infine – si continua a leggere nel comunicato - e soprattutto, dopo quasi 1800 licenziamenti sarebbe stato impensabile che al patron di Santeramo fossero concessi altri finanziamenti pubblici, con questo artifizio invece è possibile e, di fatto, la stessa entità di forza lavoro viene comunque espulsa dal ciclo produttivo.
Ne deriva che in questo periodo i lavoratori si stanno spezzando schiena e polsi per assicurare il massimo rendimento, sperando di non essere tra i collocati in Cigs a ore zero in arrivo con il nuovo anno. Questi ultimi, poi, dovranno augurarsi di essere tra i "fortunati" a meritare la riassunzione nella sospirata New Co. e, considerato che nei richiamati accordi non si garantisce nessun riconoscimento di avanzamenti professionali pregressi, è da ritenersi scontato che subiranno una perdita retributiva stimabile tra il 10 e il 30% rispetto a quella percepita lavorando alla Natuzzi. Risulta abbastanza comprensibile, quindi, come molti lavoratori si stiano rassegnando ad accettare l'incentivo all'esodo anche se, ecco un altro punto su cui la contrattazione non ha certo brillato, la cifra massima spettante è contenuta in 32 mila euro".

"Si ammetta, - conclude Dileo - che le soluzioni per difendere i posti di lavoro non sono quelle perseguite sin'ora e, tra l'altro, non si comprende bene perché mai la direzione aziendale dovrebbe mutare strategia industriale, se poi la si lascia fare quello che vuole, anzi ci si attiva per fargli prendere altri soldi dallo Stato. Natuzzi effettuerà la dovuta riconversione della produzione e gli investimenti sufficienti quando non gli sarà più consentito di scaricare sulla collettività i costi delle maestranze esauste. Il sindacato deve allora battersi e sottoscrivere solo richieste di ammortizzatori sociali che dividano equamente i volumi produttivi disponibili su tutto l'organigramma assunto e non, come avvenuto dal 2004, ad uso e consumo dell'azienda. Inoltre, è indispensabile una mobilitazione contro le delocalizzazioni delle produzioni e a difesa del ruolo pubblico. Non c'è assolutamente niente di vantaggioso per i lavoratori nell'Accordo di programma, si tratta solo di 101 milioni di euro che si apprestano a cambiare tasca, da soldi dei cittadini e ricavati dalla chiusura di presidi ospedalieri o tagli all'istruzione diventeranno privati, con l'illusione di posti di lavoro fittizi che svaniranno non appena spesi, come l'esperienza ci ha dimostrato troppe volte. Risulta, quindi, semplicemente una scelta di buon senso rivendicare che il denaro della collettività sia investito in beni che rimangano di sua proprietà. Per concretizzare tali ideali l'unica vera rivoluzione occorrente è quella di far ritornare il sindacato a fare davvero il sindacato e non il burocrate. I lavoratori devono provarci, a partire dall'imminente congresso della Cgil, con tutta la loro passione e tenacia"
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