Pasculture

Apologia del dolore d'amore

Le ragioni del cuore

"Dov'è la mia penna? Non posso scrivere senza la mia penna e il mio compito è scrivere." La governatrice della Battriana era nera quella mattina. Di un nero più profondo dei capelli color ossidiana che le scendevano lungo il collo, adagiati sulle piccole spalle. Spalle color porcellana, celate dalla stola mobile ai sospiri del vento che attraversava la regione e penetrava nelle stanze dal porticato del palazzo.

C'era tanto da fare, inviare rapporti, promulgare leggi ed emanare sentenze. La governatrice aveva ben chiara quale sarebbe stata la prossima: il paggio doveva essere punito in maniera esemplare. La colpa: non aver portato la penna. La pena: l'allontanamento dal palazzo e la perdita dei privilegi concessi.

"Come può dimenticare l'unico compito che gli viene assegnato, come osa essere in ritardo e venir meno ai suoi doveri. Dov'è finito? Trovatelo, conducetelo al mio cospetto e prim'ancora portatemi una penna!"

Il paggio era sparito e ogni penna che la governatrice impugnava si spezzava ad ogni tratto nervoso sul papiro. Non era la stessa penna, eppure le penne sembrano tutte uguali. Cambierà il colore del piumaggio, la dimensione ma una penna è pur sempre una penna. Maledetto paggio. Intanto i messi accompagnati dai gendarmi lo cercavano nelle cento stanze del palazzo ma non era lì che bisognava cercare, non era quello il suo posto, nemmeno quella la sua dimora.

Le settimane trascorrevano e la governatrice era ancora nervosa, non tanto per le penne che sempre più copiose si guastavano sulla pergamena ma per l'infedeltà del paggio. Persona che non conosceva affatto ma da anni sempre presente al suo fianco, come un servo muto. Ora che ci pensava non aveva memoria di tempi in cui così non fosse stato, il paggio era sempre stato lì al suo fianco ma chi fosse e da dove venisse lo si ignorava. La governatrice però ricordava perfettamente il giorno in cui arrivò a palazzo. Era ben vestito, con la mano destra sempre sul petto in segno di ossequioso rispetto, la testa bassa a voler nascondere gli occhi e gli occhi a nascondere il cuore.

"Governatrice, governatrice!" – irruppe la voce dell'araldo tra i pensieri della reggente – "la regina di Macedonia chiede di presentarsi al vostro cospetto, accompagnata da mille etèri." "Chiedere è quanto mai lecito ma farlo alla testa di mille soldati è una minaccia più che una richiesta" – asserì Ossidane, era questo il nome della governatrice – "fatela accomodare nel salone consolare e raccomandate agli etèri di rimanere nelle scuderie. Date loro ristoro e foraggiate i loro cavalli in segno di ospitalità e alleanza."

"Governatrice Ossidane, le porgo i miei omaggi. Sono Rossane, regina di Macedonia e di tutte le terre intorno al vostro regno. Dov'è mio figlio?". "So benissimo chi siete, la vostra fama vi precede, le conquiste del vostro regno vi rendono nota in queste terre quanto le epiche imprese del vostro principe, guerriero indomito e magnanimo nell'aver concesso alla Battriana di restare indipendente seppur sotto la vostra egida. Oggi, qui presente cercate un figlio, io cerco un paggio. Compite pure le ricerche in tutto il mio reame e per tutto il tempo che vi servirà. Sono anch'io madre e comprendo il sentimento che vi anima." "Non ho da cercare fuori, mio figlio è qui tra queste mura. Da mesi non ho sue notizie attraverso le lettere che puntuali ogni decade mi giungevano dal messaggero di corte". La governatrice ribatté seccata: "Fate del mio regno la vostra casa, cercate ovunque e se vi riesce di trovare anche il mio paggio mi farete cosa gradita".

La ricerca infruttuosa costrinse l'affranta regina a tornare nelle sue terre dove imperversava il caos. Percorrendo le vie desertiche che avrebbero condotto il corteo reale tra le aspre colline macedoni, improvvisamente la carovana interruppe il suo incedere lento e faticoso. Un drappo rosso svolazzava in preda ai mulinelli di sabbia pur rimanendo ancorato a qualcosa di pesante, forse un masso forse una carogna. Invece era un uomo distrutto, senza forze, se non quelle che ancora li permettevano di proteggere tra le braccia, chiuse come uno scrigno, una piuma bellissima. Quasi esanime fu raccolto dalla guardia reale, portato al riparo, nutrito e lavato. La serva impallidì quando vedendolo nudo nel grande tino che fungeva da vasca da bagno, scorse il simbolo araldico sul suo petto: il leone di Macedonia.

Immensa fu la gioia della regina Rossane nel riabbracciare suo figlio. Ancor più grande fu la felicità del principe, ripresa pienamente coscienza, di non essere morto e di poter tornare in sella al suo destriero per riprendere il viaggio. Non con la carovana di ritorno a casa ma sul sentiero che lo avrebbe riportato da Ossidane che aspettava la sua piuma.

Giunto sotto le inespugnabili porte del palazzo fu riconosciuto come il paggio traditore, disarcionato e condotto in catene dalla governatrice. Con le mani così costrette non poteva più nascondere i simboli sul petto e la sua discendenza reale.

Ossidane era furiosa e stupita allo stesso tempo. "Dimmi perché! Dimmi perché un principe si fa paggio in un regno da lui stesso conquistato, rinuncia a regnare, vive in una stalla e compie mansioni così dequalificanti per il suo rango?".

Rispose l'impostore: "Mia regina, portarle ogni giorno la piuma più bella è la missione più ambiziosa che io desideri compiere e quella per cui vorrei esser ricordato da voi. Sono un principe, ma avrei desiderato solo essere il vostro re. Avendo già voi un governatore al vostro fianco, altra scelta non ho avuto se non quella di farmi vostro servo per restarvi accanto rinunciando al mio regno e ai miei diritti reali. La penna che voi stringete è un piccolo oggetto ma richiede da parte mia la profusione di un impegno che quasi mi è costato la vita. Ma la mia stessa vita si qualifica come tale solo se vissuta accanto a voi. Dimentico la paura della morte e non c'è appagamento più grande per il mio amore se ogni giorno voi compite il vostro lavoro grazie al mio sacrificio."

Colonna sonora: Giovanni Allevi – Regina dei cristalli.
In copertina: Salvatore Fiume – La regina di Saba.
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