Cento pagine per raccontare i claustri di Altamura

L'ultimo libro di Graziantonio Palasciano dedicato alla parte antica della città. Fra immagini e parole

domenica 19 dicembre 2010 10.00
A cura di Anna Maria Colonna
Guardare oltre ciò che appare immediatamente. Cogliere l'invisibile ascoltando parole non dette. Sono storie di città. Meno note, ma più affascinanti. Nascoste, ma non troppo, per essere sfiorate da sguardi attenti. I claustri di Altamura custodiscono racconti di pietra sbiaditi dal tempo. Sfumature spesso indistinguibili. Graziantonio Palasciano ha deciso di racchiuderle in un libro. Scrivere, per lui, diventa esigenza di dire, di esprimere, di imprimere sensazioni che mutano a seconda degli stati d'animo. Non basta osservare una città per comprenderla. Occorre vivere i suoi spazi, intrisi di tradizioni e di memorie. Palasciano fa appello ai ricordi per dipingere con la penna vicoli ricchi di voci e di segni del passato. Non abitazioni nude e piazzette silenziose.

La sua tredicesima pubblicazione, "I claustri di Altamura" (novembre 2010), rappresenta una miniera d'informazioni per il cittadino che non conosce e per il visitatore che vuole scoprire. L'autore indica, per ogni claustro, origine, ubicazione e storia. Incornicia la scrittura con immagini fotografiche in bianco e nero. Nell'analisi della toponomastica, fa riferimento a scultori, sacerdoti, letterati e semplici cittadini che hanno perso la vita durante la rivoluzione del 1799. In ogni pietra c'è la storia di una famiglia, di un uomo, di una donna. Nati ad Altamura. Spesso vissuti altrove. Morti altrove.

Il segreto per cogliere questi segreti sta nella profonda sensibilità dell'autore. Nella sua capacità di percepire il respiro della città amata. "Fino a quando ho conservato il dono della vista – scrive Palasciano nell'Introduzione – ho guardato con gioia quel mondo arcaico, me ne sono sempre compiaciuto". Ed aggiunge: "Ora che non mi è più possibile l'osservazione diretta, non c'è neanche bisogno che i miei accompagnatori mi descrivano come tali luoghi siano mutati". Vedere significa saper andare oltre. Significa gettare una luce nuova su ciò che non si conosce ancora. Su ciò che non si riconosce più. La testimonianza di Tonino, come lo chiamano gli amici, rappresenta un barlume di speranza senza interruttore.
Claustro Fratelli Salvatore (Foto Video Moramarco).