NUTRI_MENTI

Bambini, tutti a mensa!

"Educare gli alunni a seguire i principi fondamentali di una corretta alimentazione"

Da qualche giorno per molti bambini che frequentano il nido e la scuola dell'infanzia è iniziata la mensa scolastica. Se per alcuni si tratta di un'esperienza ormai acquisita e vissuta con serenità, per altri il pasto fuori casa, rappresentando una novità nel repertorio delle abitudini quotidiane consolidate, è ancora motivo di qualche ansia. E non soltanto nei bambini. Le mamme, legittimamente, chiedono costanti rassicurazioni alle insegnanti circa i comportamenti alimentari dei propri figli a scuola esprimendo soprattutto preoccupazione per l'aspetto quantitativo del pasto ("Ha mangiato tutto oggi?") più che per quello qualitativo ("Cosa ha mangiato oggi?"; "Come interagisce con i compagni al momento del pasto?"). Il pranzo a scuola, se integralmente inserito in un progetto educativo complessivo, non deve risolversi semplicemente in un prolungamento dell'attività didattica a beneficio di genitori super-impegnati, ma invitare il bambino alla socializzazione, rinforzare la sua autonomia, oltre che rispondere all'obiettivo di indicare nella pratica uno stile alimentare corretto.

È quindi un compito complesso che necessita della partecipazione consapevole e attiva di tutte le figure coinvolte: insegnanti, cuochi, personale scolastico e famiglie. Sul piano nutrizionale l'intento della refezione scolastica deve essere quello di educare gli alunni a seguire i principi fondamentali di una corretta alimentazione offrendo loro menù variati, bilanciati e caratterizzati dalla presenza di alimenti come verdura, legumi, pesce e frutta, indispensabili ma spesso poco accettati, a garanzia della loro salute attuale e futura. L'educazione alimentare, è dimostrato, struttura fin dalla prima infanzia comportamenti alimentari corretti e sani che possono prevenire conseguenze "tardive" di errori nutrizionali "precoci".

Consumare il pranzo a scuola è importante anche per promuovere l'educazione al gusto: i bambini vengono stimolati ad esprimere un giudizio personale su una preparazione gastronomica solo dopo averla assaggiata piuttosto che ad imitare comportamenti di massa. Succede spesso che alcuni bambini dichiarino "Non mi piace" e vengano seguiti poi a ruota da tutti gli altri.

In un'ottica di prevenzione il pasto a scuola svolge inoltre un' importante attività di di sorveglianza psiconutrizionale volta ad individuare i segnali tipici di disturbi del comportamento alimentare e di fattori di rischio per l'obesità infantile. Il trend del momento vede purtroppo un quarto dei bambini italiani obesi o in sovrappeso, due condizioni che predispongono a malattie importanti in età adulta. Tale situazione è determinata non solo dal cambiamento dello stile di vita e delle disponibilità economico- alimentari degli ultimi anni, ma anche dalla pubblicità. In televisione c'è uno spot di merendine in media ogni cinque minuti e un bambino, a 12 anni, è stato esposto in media a centomila spot pubblicitari, a cartoni animati e telefilm che difficilmente trasmettono buoni modelli alimentari. Non si può infine non considerare che le campagne pubblicitarie sono finanziate con budget cento volte superiori a quelli di cui dispone o investe la pubblica amministrazione per promuovere la salute.

Tenendo conto di tutti questi aspetti è fondamentale porre un'attenzione particolare al momento del pasto del bambino, importantissimo non solo, come abbiamo visto, sul piano nutrizionale ma anche per i suoi risvolti psicologici. La mensa diventa occasione di relazione, di curiosità e di scoperta, di conquista dell'autonomia, di conoscenza di sé e dei propri bisogni. A tavola, a scuola come a casa, sono favoriti lo scambio e il confronto affettivo e intellettuale; e i pasti, quando preparati e offerti con cura e amore, contribuiscono a creare una piacevole atmosfera di calore e benessere.

Mangiare insieme costituisce l'ambito in cui si manifesta con maggiore evidenza lo stato di salute psico-emotivo del gruppo classe come del nucleo familiare, e in caso di conflitti la tavola diventa lo specchio dei rapporti. A casa i genitori sono i principali responsabili del buon clima in famiglia e della corretta alimentazione dei figli e rivestono un importante ruolo di guida e indirizzo. Accade talvolta che essi improntino il momento del pasto a rigide regole alimentari e comportamentali insistendo con i loro figli sulla necessità di mangiare determinati cibi, di pulirsi continuamente la bocca, di restare seduti immobili per tutta la durata del pasto. Tutto questo perché generalmente gli adulti, nell'interesse del bambino, pensano sia necessario assumere il totale controllo dei suoi comportamenti, non ritenendolo in grado di autoregolarsi.

E' facile che questi atteggiamenti attivino una reazione di protesta se non di rifiuto ostinato da parte del bambino innescando un clima di conflitto relazionale intorno all'alimentazione. Ciò che invece risulta di estrema importanza è imparare a vedere le cose dal punto di vista del bambino, a prestare attenzione ai suoi segnali e alle sue comunicazioni, tollerando anche l'attesa nell'incertezza mentre si cerca di interpretarli, di dargli un significato. Anche ai più capricciosi piccoli commensali andrebbe riconosciuta la capacità di esprimere un giudizio sulle scelte imposte, in ogni caso degno di considerazione e comprensione. Questo dovrebbe accadere tanto a casa quanto a scuola.

A scuola il pasto rappresenta un momento di cura con una forte valenza educativa e formativa e con finalità specifiche per ogni diversa fascia d'età. Al nido il pasto è organizzato all'interno di una relazione duale tra il bambino e l'educatrice dove le azioni prevalenti riguardano non solo il nutrire e il nutrirsi, ma anche il toccare, manipolare, annusare, esplorare gli alimenti per imparare a conoscere dal punto di vista percettivo ciò che si porta alla bocca. Man mano che il bambino cresce, il pasto si fa sempre più conviviale: a tavola i bambini si guardano, si imitano nelle azioni di assaggio, nell'esplorazione del cibo, si scambiano sorrisi, occhiate, a volte giocano, riproducono le azioni dell'altro, fanno piccole trasgressioni. Lo stare insieme con gli amici, parlarsi, chiacchierare a tavola è il piacere dei più grandi tra il secondo e quarto anno quando iniziano anche a saper usare le posate e a servirsi autonomamente la quantità di cibo desiderato. A questa età i bambini si sperimentano anche in piccoli compiti loro assegnati dagli educatori come servire in tavola ai compagni. Questo gioco del "cameriere" è ambito e atteso quotidianamente dai bambini che aspettano il proprio turno programmato nell'arco della settimana.

Il momento del pasto è connotato per tutti i bambini delle diverse età dalla piacevolezza del nutrirsi e dallo stare insieme, ma è anche strutturato da tempi e regole: non si portano a tavola altri oggetti, non si gioca e non si distrae il bambino dall'atto dell'alimentarsi, anzi si cerca di sostenerlo nell'attenzione su ciò che sta vivendo in quel momento, gli si nomina ciò che mangia, lo si abitua gradualmente a stare seduto, ma senza forzature. Anche nel caso dell'alimentazione, come in ogni altro campo dell'educazione, regole e limiti chiari e definiti in un clima di rispetto e considerazione sono indispensabili e soprattutto rassicuranti per i bambini che li interpretano come prova del fatto che c'è qualcuno che si cura di loro e si assume la responsabilità di fare loro da guida.

E' fondamentale per questo che l'educazione alimentare, la qualità relazionale e gli apprendimenti che si determinano durante il pasto non restino di pertinenza esclusiva della scuola ma, come altri aspetti del progetto educativo, siano condivisi con le famiglie in un rapporto di alleanza e coerenza educativa affinchè i bambini possano sperimentare un senso di continuità tra i due ambiti formativi.


Dott.ssa Rosa Tafuni
Psicologa, Specialista in Psicologia Clinica e Psicoterapia

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