Cronaca

Incidente in cui morì Rifino, c’è un “colpevole” ma inchiesta si ferma

Il Tribunale di Potenza ha archiviato l'inchiesta sull'incidente mortale in cui il 16 settembre 2018, in provincia di Potenza, morì il 21enne altamurano Michele Rifino mentre effettuava un'escursione...

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Tribunale di Potenza archivia. Delusa la famiglia

Il Tribunale di Potenza ha archiviato l’inchiesta sull’incidente mortale in cui il 16 settembre 2018, in provincia di Potenza, morì il 21enne altamurano Michele Rifino mentre effettuava un’escursione in moto insieme ad un gruppo di motociclisti altamurani. Nonostante l’opposizione dei genitori Anna Crapuzzi e Filippo Rifino, il giudice per le indagini preliminari ha archiviato il fascicolo che era a carico di un unico indagato (un motociclista altamurano).

La tesi della famiglia è stata confermata. Come hanno sempre ipotizzato, Rifino fu urtato – probabilmente posteriormente – da un altro motociclista, perse il controllo della sua amata Triumph e venne sviato. Così finì fuori strada, con impatto fatale contro un albero e successiva caduta di tre metri in un canalone. Non fu possibile fare nulla per salvarlo.

Negli atti di indagine anche il giudice lo ha scritto: “i consulenti di parte hanno ricostruito la dinamica dell’incidente affermando, in maniera univoca, che il ragazzo sarebbe stato urtato da un altro motociclista che ne causava la perdita di controllo della moto e l’uscita di strada“. Però, a carico dell’unico indagato, non ci sono elementi identificativi. Né nelle testimonianze degli altri motociclisti né dalle perizie tecniche sulla moto emergono indizi o prove. Così il giudice conclude: “gli atti di indagine non hanno permesso di accertare eventuali responsabilità penali di terze persone, in particolare dei motociclisti coinvolti nella vicenda“.

Riepiloghiamo le perplessità e i punti non chiari di questa vicenda. La famiglia non ha mai creduto che Michele Rifino sia uscito di strada da solo. Così ha fatto aprire il caso giudiziario perché molti elementi non quadrano:

  • sparita la telecamera alloggiata nel casco e mai ritrovata;
  • sparito il contachilometri e mai ritrovato;
  • segni di gomma sull’asfalto come di manovra improvvisa;
  • segni scuri sulla marmitta della moto di Rifino, indicativa – secondo la famiglia – di un un urto;
  • lettera anonima arrivata alla Procura di Potenza in cui si descrive la dinamica e si fa il nome e cognome del motociclista che sarebbe uscito di strada, sulla sua destra, e nel rientrare sulla carreggiata avrebbe urtato Michele Rifino provocandone lo “sviamento”.

Di qui l’ipotesi di omicidio colposo, cioè di fatto provocato involontariamente ma con condotta tale da provocare l’incidente mortale.

Questi, invece, i punti dell’archiviazione per mancanza di elementi per poter procedere:

  • l’autore della lettera anonima non si è fatto avanti, quindi nessuno ha potuto identificare il motociclista di cui si parla nella stessa lettera;
  • quasi tutti i motociclisti hanno dichiarato di non aver visto niente perché erano in testa o al centro del gruppo;
  • un motociclista dichiara di aver visto Rifino attraversare da parte a parte la carreggiata, finendo fuori strada;
  • agli atti non ci sono dichiarazioni sull’urto da parte di qualcuno ai danni di Rifino;
  • il giudice, pertanto, non ha potuto stabilire “chi sia stato” a provocare l’urto: pertanto, la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza rende impossibile procedere nel contestare un’accusa.

Una “doccia fredda” per la famiglia che però dichiara: “Anche il giudice scrive che c’è stato un colpevole ma purtroppo ha deciso di non andare avanti. Per noi è una delusione ma abbiamo avuto la certezza che Miki non uscì di strada da solo, era un ragazzo responsabile, non correva. Adesso vedremo cosa fare, certamente non ci arrenderemo e andremo avanti”.

L’indagine potrà essere riaperta soltanto nel caso di nuovi elementi investigativi che possano far risalire a chiare responsabilità.